Indagata fondatrice di “Silvio ci manchi”.

Emanuela Romano 30 anni odia essere chiamata “Papi Girl” e ha minacciato anche querele a chi ha osato e osasse bollarla così. Era riuscita a diventare un membro del Corecom, l’organo del governo e funzionale all’Agcom che controlla i sistemi di comunicazione a livello regionale, ma ha dichiarato il falso per entrare nell’organismo: ha autocertificato che la sua candidatura non era in contrasto con la normativa vigente, ma non era così…


Era in “contrasto” perché non poteva essere contemporaneamente assessore alle politiche sociali di Castellammare di Stabia. Le cariche erano incompatibili e le dimissioni da assessore sarebbero arrivate fuori tempo massimo: per questo è stata coinvolta nell’indagine della procura partenopea ed è accusata di “falsa attestazione o dichiarazione di pubblico ufficiale”.

Nel 2006 era tra i fondatori di uno dei vari “comitatucci” che ruotano attorno a Berlusconi: “Silvio ci manchi”. L’espresso l’aveva immortalata nel 2007 con le altre “papi girls” a Olbia mentre si incamminava per villa Certosa. Berlusconi voleva farla diventare prima deputata e poi parlamentare europeo, fino a quando non scoppiò il caso “Noemi” e le dichiarazioni di Veronica Lario sulle candidate che venivano definite “ciarpame senza pudore”. Ha provato, fallendo, a entrare in regione con Caldoro fino a quando si è ritrovata nominata da Luigi Bobbio assessore a Castellammare.

Una laurea in psicologia e un master a “Publitalia”: ma basta solo questo per fare l’eurodeputato o il deputato? Per il padre sicuramente: minacciò, intriso di benzina, di darsi fuoco davanti alla residenza romana di Berlusconi se la figlia non avesse ottenuto la sua bella poltrona. Per il padre basta poco per scalare i vertici della politica, viene quasi naturale dire: “ogni scarrafon è bell’ a mamma soja” (traduzione: “anche uno scarafaggio è bello per la madre”), visto che alla “presunta” papi-girl il dialetto piace molto e lo usa anche nei cartelloni elettorali.

Paolo Maria Addabbo

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