La verità sulla morte di Pasolini

Nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975 Pier Paolo Pasolini, l’uomo, lo scrittore, il poeta, veniva ucciso in maniera brutale: a colpi di bastone e travolto con la sua stessa macchina sul litorale dell’idroscalo di Ostia.

Il cadavere fu ritrovato la mattina dopo, all’alba, da una donna. Subito il colpevole: Pino Pelosi, un ragazzo di soli diciassette anni, lo aveva ucciso perché Pasolini a quanto pare aveva avuto pretese sessuali nei suoi confronti; da lì è scaturita la lite che è sfociata in tragedia.



Il ragazzo fu condannato per omicidio di primo grado in concorso con ignoti, ma già da allora le cose non erano molto chiare.

Adesso il caso potrebbe riaprirsi di nuovo grazie a un filmato inedito girato sui luoghi dell’omicidio da Sergio Citti, amico e collega dello scrittore, subito dopo la tragedia.

Nel 2005, poco prima di morire, con la voce affaticata dalla malattia, Sergio Citti commenta le immagini mute del suo filmato a Mario Martone. È stato proprio questo docufilm che una settimana fa è stato depositato al pm Francesco Minisci per la riapertura dell’inchiesta.
Il documento è stato proiettato ieri anche alla Casa del Cinema di Roma, dove il senatore Calvi ha illustrato tutte le incongruenze presenti nella verità ufficiale del 1975.

Citti riporta la testimonianza di un pescatore che viveva dalla parti dell’idroscalo di Ostia e che assistette all’omicidio: l’uomo non si fece riprendere per paura, ma ha raccontato di aver visto due macchine nella zona, e non una, e alcune persone, almeno quattro, scendere e picchiare Pasolini.

Dubbio anche sulla macchina che ha investito Pasolini, che secondo il pescatore non fu la sua, ma la seconda. E proprio su questo punto, arriva anche la testimonianza di un altro uomo, Silvio Parrello, l’intellettuale tra i “ragazzi di vita”, che avrebbe individuato i nomi di altri due testimoni: il carrozziere che ripulì e aggiustò l’auto e la persona che gliela portò.

Pasolini riposa nel cimitero di Casarsa della Delizia, a Pordenone, ma il suo nome è sempre vivo e molte cose sono ancora da dire.

Antonella Gullotti

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