Catturato boss mentre si tuffa a mare

E’ finito in manette il capobastone della ‘ndrina dei Facchineri, latitante da pochi mesi: aveva evaso i domiciliari cautelari. Per giorni, carabinieri in borghese, si sono finti bagnanti e hanno “battuto” diverse zone di Tropea. Il 23 agosto, nelle ore pomeridiane, l’avvistamento sulla spiaggia di Formicoli (in foto) del boss Salvatore con moglie e figli.



Le forze dell’ordine sono state prudenti: sono stati piazzati due uomini in incognito in mare e due sulla spiaggia, che attendevano un tuffo. In quel momento, infatti, doveva essere per forza senza armi. Una volta acciuffato, è stato trasportato nella “gazzella” tra la folla che applaudiva e incitava i militari. L’uomo non ha proferito parola.

Appena fu deciso che avrebbe dovuto scontare, per aver schiavizzato due migranti, quasi undici anni e circa sette, per aver estorto con l’aggravante dell’intimidazione mafiosa, si rese irreperibile.

La storia di questa cosca,attiva dall’800, si mescola con l’antica e oscura origine del fenomeno mafioso. Attualmente i principali settori in cui sono attivi sono: estorsioni, reinvestimento di capitali in attività e spaccio. Protagonisti di faide nella zona di Taurianova e Cittanova, durate un trentennio (fino al 2000), in cui sono morti cento persone, tra cui anche bambini innocenti, e cento feriti.

Hanno avuto rapporti con la Banda della Magliana. Sulla penisola sono ramificati dal profondo sud, passando per il Lazio fino alla Valle d’Aosta: numerosi esponenti del clan erano fuggiti dalla Calabria perché sconfitti in un primo momento, e poi si sono stabilizzati fuori. Adesso, in zone come la Liguria, vivono in una sorta di pax mafiosa (o forse solo una tregua apparente) con il gruppo che fino al 2000 era loro antagonista (Albanese, Raso e Gullace).

Ora Facchineri , 32 anni che figura allevatore, si trova dietro le sbarre a Vibo. Non stava rintanato in qualche tugurio in un angolo remoto della terra, ma villeggiava a poco più di un’ora di distanza d’auto dal suo paese: la galera e le pallottole, per queste persone, sono solo una parte del loro “lavoro”.

L’indagine è stata diretta dalle procure di Vibo Valenzia e Palmi.

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