Pressione fiscale in crescita e le imprese sempre più in difficoltà

La pressione fiscale in Italia si aggira intorno al 45 per cento, e se consideriamo la pressione fiscale sull’economia regolare, vale a dire chi le tasse le paga, siamo oltre il 55 per cento.

Le economie con pressione fiscale sopra il 40 per cento sono state otto, ma i loro tassi di crescita sono stati molto più elevati: la Finlandia è cresciuta al 3,5, la Svezia al 2,8, Norvegia, Austria e Belgio oltre il 2, mentre Danimarca e Francia appena sotto il 2. Il nostro Paese solo dell’1,3.

Tempi sempre duri dunque per le imprese italiane, soprattutto quelle più piccole. Il prelievo dell’Imu infatti rispetto all’Ici risulta mediamente raddoppiato, mentre per i capannoni si registrano incrementi di imposta che superano il 60 per cento. Aumento dell’1,3 per cento delle aliquote contributive Inps a carico degli artigiani e dei commercianti, mentre la riduzione della deducibilità dei costi per le auto aziendali, non sarà più del 40 per cento ma solo del 27,5 per cento.

In Italia l’utile netto è inferiore del 60 per cento rispetto ad una analoga azienda spagnola, del 39 per cento inglese e del 23 per cento francese.

La Cgia di Mestre ha stimato che dal 2012 al 2014 le imprese pagheranno oltre 5,5 miliardi di euro in più.

I paesi che sono cresciuti a dispetto di una pressione fiscale elevata sono quelli che hanno tenuto basse le aliquote che gravano sulle imprese.

L’Italia  è al 5° posto fra i 27 dell’Unione Europea per incidenza delle entrate fiscali sul prodotto interno lordo, con il 45,2 per cento, contro una media del 40,6 per cento. Ci precedono Danimarca, Francia, Svezia e Belgio.

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