Bangkok in fiamme, muore un italiano

Dopo due mesi di protesta delle camicie rosse thailandesi che occupavano il quartiere commerciale di Bangkok chiedendo nuove elezioni, un blitz dell’esercito nell’accampamento dei ribelli ha portato i comandanti del movimento antigovernativo a dichiarare la resa.

Durante i combattimenti sei persone sono morte, tra cui il fotografo italiano Fabio Polenghi, e una sessantina di persone sono rimaste ferite.

Ma l’arresto da parte della polizia dei leader dei sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra non è servito a frenare le violenze.

Gli oppositori dopo aver lanciato tre granate contro i soldati, hanno saccheggiato e appiccato decine di incendi in tutta la capitale, nonostante fosse stato imposto il coprifuoco notturno. Tra gli edifici in fiamme anche la Borsa, la sede della tv, una banca e il più grande centro commerciale della Thailandia. Nel nord-est del Paese incendiata anche la sede del governo provinciale di Udon Thoni.

I militari hanno avuto dal governo l’ordine di cacciare i rivoltosi, per i quali è prevista la pena di morte, e alla tv è stato imposto di trasmettere solamente gli annunci ufficiali del portavoce dell’esecutivo. Dichiarate giornate festive quella di giovedì e venerdi, per cui con scuole e uffici pubblici chiusi.

Il milanese Fabio Polenghi, 45 anni, da tre mesi nel sud-est asiatico per conto di una rivista europea, è stato colpito dai proiettili dell’esecito durante l’avanzata nella zona di Saladeng, a un chilometro dall’accampamento delle camicie rosse, dove si trovavano gli ultimi duemila ribelli.

Per gli scontri negli ultimi sei giorni a Bangkok si contano più di 40 morti.

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