Come sono andati i referendum della storia repubblicana

In Italia ci sarà un referendum il prossimo 17 aprile. Al di là delle fazioni si tratta di un’occasione per riflettere sugli strumenti della Repubblica e sul loro utilizzo nel corso degli anni. 

Certamente bisogna partire da due referendum “anomali” che hanno segnato la storia del nostro Paese: il referendum del 1946 per la scelta fra repubblica e monarchia, il referendum consultivo del 1989 per il conferimento del mandato costituente al parlamento europeo. Dopodiché scopriamo che il 17 aprile ci sarà il 67° referendum abrogativo della storia repubblicana, il primo richiesto dalla regioni. Ma come sono andate negli anni le consultazioni? Un breve riepilogo è offerto da OpenPolis che spiega:

Il primo referendum abrogativo risale al 1974, quando il mondo cattolico chiedeva di abrogare la legge Fortuna-Baslini, con la quale era stato introdotto il divorzio. Con un’affluenza superiore all’87%, vinse il fronte del no con il 59,30% dei voti. Nello stesso decennio ci furono altri due quesiti (uno su ordine pubblico e l’altro sul finanziamento pubblico ai partiti), entrambi con quorum raggiunto e vittoria del no.

Il vero boom del fenomeno è avvenuto negli anni ’90, quando si sono tenuti 32 referendum abrogativi, di cui 24 promossi dal partito radicale. Di questi 32, il 34% non ha superato la soglia di validità richiesta. Anche gli anni 2000 sono stati caratterizzati da un numero elevato di quesiti (16), ma nessuno ha raggiunto il quorum.

L’ultima tornata, e parliamo di storia recente, è nel giugno del 2011: quattro quesiti, (due proposti dall’Italia dei valori e due dal comitato per l’acqua pubblica) tutti con quorum raggiunto e vittoria del sì. In questo caso l’affluenza registrata è stata relativamente bassa (di poco superiore al 54%), ma con una percentuale di consensi favorevoli molto alta, oltre il 94%.

Guardando i numeri in totale, scopriamo che il 40,91% dei 66 quesiti abrogativi non ha raggiunto il quorum necessario. Di quelli risultati validi, il 58,97% ha avuto esito positivo (vittoria del sì), e il restante 41,03% esito negativo (vittoria del no).

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